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Con un contributo non condizionante
di Gilead Sciences srl


12.00 – 18.00
Punto prelievi
Ospedale San Raffaele
Milano
Via Spallanzani, 15
Regolamento
Si effettua solo il test HIV
capillare su una goccia di sangue,
i test salivari HIV e HCV
sono momentaneamente sospesi.
10.00 – 12.00
CDI – Centro Diagnostico
Italiano SpA
Milano – Via Saint Bon, 20
Milano Bicocca – Via Temolo, 3
Legnano (MI) – Corso Italia, 32
Corsico (MI) – Via Vigevanese, 4
Cernusco sul Naviglio (MI) – Via Torino, 8
Rho (MI) – Via Magenta, 41
Pavia – Viale Cremona, 326
Corteolona (PV) – Via Caduti per la Patria, 20/a
Varese – Via Sacco, 8
Uboldo (VA) – Via R. Sanzio, 4
San Rocco al Porto (LO) –
Centro Commerciale Belpò, SS9, 100
8.30 – 15.00
ATS Milano Città
Metropolitana
Servizio CRH-MTS
Milano
Viale Jenner, 44
Preferibilmente
su prenotazione


HIV pungidito
12.00 – 18.00
*Punto RAF Santa Croce
Ospedale San Raffaele Milano
Via Santa Croce, 10/a
HIV pungidito
12.00 – 18.00
*Punto prelievi
Ospedale San Raffaele
Milano
Via Spallanzani, 15
HIV e HCV salivare°
10.30 – 12.00
CDI
Centro Diagnostico Italiano SpA
Milano – Via Saint Bon, 20
Milano – Via Temolo, 3
Milano – Via Vezza d’Oglio, 3-7
Legnano (MI) – Corso Italia, 32
Cernusco sul Naviglio (MI) – Via Torino, 8
Varese – Via Sacco, 8
Varese – Via Pirandello, 31
Besozzo (VA) – Via XXV Aprile, 6/G

°30 minuti prima di sottoporsi al test, evitare di mangiare, bere, fumare o masticare gomme.


HIV pungidito
12.00 – 18.00
*Punto RAF Santa Croce
Ospedale San Raffaele Milano
Via Santa Croce, 10/a
HIV pungidito
12.00 – 18.00
*Punto prelievi
Ospedale San Raffaele
Milano
Via Spallanzani, 15
HIV e HCV salivare°
10.30 – 12.00
CDI
Centro Diagnostico Italiano SpA
Milano – Via Saint Bon, 20
Milano – Via Temolo, 3
Milano – Via Vezza d’Oglio, 3-7
Legnano (MI) – Corso Italia, 32
Cernusco sul Naviglio (MI) – Via Torino, 8
Varese – Via Sacco, 8
Varese – Via Pirandello, 31
Besozzo (VA) – Via XXV Aprile, 6/G

°30 minuti prima di sottoporsi al test, evitare di mangiare, bere, fumare o masticare gomme.
*30 minuti prima di sottoporsi al test, evitare di mangiare, bere, fumare o masticare gomme.
Nelle fasce orarie indicate. Accesso libero, anonimo e gratuito al test per HIV e HCV, fino ad esaurimento dei test disponibili.

OSR
12.00 – 18.00
xxx
xxx
xxx
CDI
10.00 – 12.00
3 marzo
31 marzo
5 maggio
ATS
8.15 – 15.00
4 marzo
aprile
6 maggio

RAF
12.00 – 18.00
21 marzo
0
18 aprile
16 maggio
20 giugno
0
19 settembre
17 ottobre
0
21 novembre
0
OSR
12.00 – 18.00
22 marzo
4 aprile
0
10 maggio
0
5 settembre
0
0
7 novembre
0
0
CDI
10.30 – 12.00
21 marzo
0
18 aprile
16 maggio
20 giugno
0
19 settembre
17 ottobre
0
21 novembre
1 dicembre

L’HIV, o “Virus dell’Immunodeficienza Umana”, è un virus che attacca il sistema immunitario, in particolare i linfociti CD4+, fondamentali per difendere il nostro organismo da infezioni e tumori.
Se non trattato, nel tempo il virus può ridurre il loro numero, rendendo l’organismo più vulnerabile.
Senza cure adeguate, l’HIV può evolvere nella Sindrome da Immunodeficienza
Acquisita (AIDS), una condizione in cui il sistema immunitario è gravemente compromesso e che espone la persona a infezioni opportunistiche e neoplasie.
Oggi, grazie ai progressi nella diagnosi e nelle cure dell’HIV, le persone che vivono con il virus possono condurre una vita lunga e sana.
La disponibilità di terapie efficaci ha cambiato la storia di questa condizione, trasformandola in una patologia cronica che può essere gestita con cure adeguate.
Questo significa che l’HIV non è più una condanna, ma una condizione con cui è possibile vivere godendo di una qualità di vita simile a quella di una persona senza infezione da HIV.
L’HIV si trasmette attraverso specifici fluidi corporei come sangue, latte materno, sperma, secrezioni vaginali e liquido rettale.
Le principali modalità di trasmissione sono:
Rapporti sessuali senza protezione.
Il virus può essere trasmesso attraverso il sesso vaginale o anale non protetto; il rischio di trasmissione è maggiore nei rapporti anali, seguito da quelli vaginali, mentre è trascurabile nei rapporti orali. L’uso corretto e costante del preservativo o di altre strategie di prevenzione farmacologica riduce significativamente il rischio di infezione.
Condivisione di aghi e siringhe.
Le persone che fanno uso di sostanze iniettive e condividono strumenti non sterili possono entrare in contatto con sangue che contiene il virus, soprattutto nelle aree geografiche dove l’epidemia è più diffusa.
Trasmissione da madre a figlio.
Durante la gravidanza, il parto o l’allattamento, il virus può essere trasmesso al neonato. Tuttavia, con una gestione medica adeguata durante la gravidanza e il parto, il rischio può essere azzerato.
Esposizione professionale al sangue.
Sebbene sia un evento molto raro, grazie alle misure di sicurezza adottate negli ospedali, la trasmissione può avvenire attraverso punture accidentali causate da aghi o strumenti contaminati.
È importante sottolineare che l’HIV non si trasmette attraverso il contatto quotidiano, come abbracci, strette di mano, condivisione di posate o bicchieri, tosse, starnuti, sudore o punture di insetti.
Informarsi correttamente è fondamentale per combattere lo stigma e i falsi miti che ancora circondano questa condizione.
Il numero totale di persone che vivono con l’infezione da HIV in Italia è stimato intorno a 140.000. Il numero di nuove diagnosi di HIV è in calo grazie alla maggiore consapevolezza e all’accesso alle terapie; tuttavia, il fenomeno delle diagnosi tardive rimane un problema. Nel 2023, le nuove diagnosi di infezione da HIV sono state 2.349, con una quota significativa di casi tra le persone più giovani.
Attualmente, la maggior parte delle persone scopre di avere l’HIV solo quando il sistema immunitario è già stato indebolito, il che può rendere il trattamento più complesso. Per questo motivo, il test per l’HIV è fondamentale: è semplice, rapido e disponibile gratuitamente in alcune strutture sanitarie.
Conoscere il proprio stato di salute consente di accedere tempestivamente alle cure e di proteggere la propria salute e quella degli altri. Fare il test per l’HIV dovrebbe essere considerato una pratica abituale per chiunque, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dalle proprie pratiche sessuali.
Oggi l’HIV si tratta con la terapia antiretrovirale (ART), un trattamento che impedisce al virus di replicarsi nel corpo, mantenendo la carica virale a livelli così bassi da risultare non rilevabile.
Ciò consente la ripresa del sistema immunitario, soprattutto se la diagnosi di infezione da HIV è tempestiva. Tuttavia, ad oggi l’infezione da HIV è una condizione cronica, in quanto il virus persiste integrandosi nelle cellule del corpo e non esiste una “cura” definitiva che possa eradicarlo. Pertanto, la terapia antiretrovirale (ART) deve essere proseguita per tutta la vita.
La qualità della vita delle persone con HIV è migliorata enormemente negli ultimi decenni. Oggi, grazie a una diagnosi precoce e a un’adesione costante alla terapia, una persona con HIV può aspettarsi di vivere quanto una persona senza HIV.
I farmaci sono molto efficaci e hanno pochi effetti collaterali; nella maggior parte dei casi, inoltre, deve essere assunta una sola compressa al giorno, il che ne rende più semplice la gestione. Per molte persone, inoltre, esiste la possibilità di semplificare ulteriormente la terapia con formulazioni iniettive a lunga durata d’azione (long-acting).
Uno dei concetti più rivoluzionari è U=U (Undetectable = Untransmittable), che significa che una persona con HIV che segue correttamente la terapia e ha un numero di copie (carica virale) non rilevabile non può trasmettere il virus attraverso i rapporti sessuali. Il rischio è ZERO!!
Questa scoperta ha cambiato radicalmente il nostro modo di vedere l’HIV, contribuendo a combattere lo stigma e permettendo alle persone con HIV di vivere la propria vita sessuale senza paura di trasmettere il virus ai partner. Questo sottolinea l’importanza di sottoporsi al test e di conoscere il proprio stato di salute, per tutelare sé stessi e gli altri.
In mancanza di un vaccino efficace, oggi la prevenzione dell’HIV si basa su diverse strategie che possono essere combinate tra loro per garantire la massima protezione:
Uso del preservativo: il preservativo maschile o femminile, se usato correttamente, è uno dei metodi più efficaci per prevenire l’HIV e altre infezioni sessualmente trasmissibili, in quanto funge da metodo di barriera.
Test regolari: sottoporsi regolarmente al test HIV permette di conoscere il proprio stato sierologico e, in caso di diagnosi di infezione da HIV, di iniziare tempestivamente la terapia.
PrEP (Profilassi Pre-Esposizione): Si tratta di una strategia basata su farmaci che le persone senza infezione da HIV possono assumere prima dei rapporti sessuali per abbattere il rischio di contrarre il virus.
PEP (Profilassi Post-Esposizione): Si tratta di un trattamento d’urgenza che si inizia entro 72 ore dall’esposizione potenziale e il più precocemente possibile, e che si prosegue per 28 giorni per ridurre il rischio di infezione dopo un’esposizione sessuale o occupazionale.
Uso di aghi sterili: per le persone che fanno uso di sostanze iniettive, i programmi di scambio di siringhe e di supporto medico riducono drasticamente il rischio di trasmissione del virus.
Aderenza alla terapia: per le persone con infezione da HIV, l’accesso alla terapia antiretrovirale consente di azzerare il rischio di trasmissione del virus ad altre persone (U=U). Questo concetto è fondamentale anche per la gravidanza e il parto, poiché l’accesso ai farmaci abbatte il rischio di trasmissione del virus al neonato senza compromettere la capacità delle madri di avere figli.

La Profilassi Pre-Esposizione (PrEP) è un metodo sicuro ed efficace per ridurre il rischio di infezione da HIV nelle persone che possono essere esposte al virus.
La PrEP consiste nell’assunzione di una compressa contenente una combinazione di antiretrovirali, come l’emtricitabina e il tenofovir, che in caso di esposizione al virus impediscono la replicazione dell’HIV nelle cellule.
Il farmaco viene quindi assunto prima di una potenziale esposizione a rischio per evitare di contrarre l’infezione. Se assunta correttamente, questa strategia riduce il rischio di infezione di oltre il 99%.
Esistono due modalità di assunzione della PrEP orale:
PrEP orale continuativa (o giornaliera):
prevede l’assunzione giornaliera di una compressa.
PrEP orale al bisogno (o “on demand”):
un regime flessibile che consiste nell’assumere il farmaco prima e dopo l’esposizione al rischio, con uno schema specifico a seconda del genere.
Chiunque fosse interessato a questa opzione di prevenzione dovrebbe parlarne con uno specialista in malattie infettive, che potrà fornire una valutazione personalizzata e prescrivere la profilassi più adatta.
Secondo i risultati di diversi studi clinici, stanno emergendo nuove formulazioni di PrEP iniettiva a lunga durata d’azione, che rappresentano un’ulteriore opzione efficace per la prevenzione dell’HIV.
Fare il test per l’HIV è un atto di responsabilità personale e collettiva.
Sapere il proprio stato di salute permette di accedere a terapie efficaci, di proteggere la propria salute e quella degli altri in caso di riscontro di infezione da HIV e di utilizzare strumenti di prevenzione sicuri, efficaci e personalizzati.
Oggi l’HIV non è più una condanna, ma una condizione cronica con una aspettativa di vita paragonabile a quella delle persone senza HIV.
Le persone che vivono con l’HIV possono avere relazioni, lavorare, avere una vita sessuale, avere figli e condurre una vita piena.
La chiave è l’informazione: più ne sappiamo, più possiamo prevenire, curare e combattere lo stigma.

Human
L’uomo è il bersaglio del virus
Immunodeficiency
Virus che causa un deficit delle difese immunitarie
Virus
Di natura virale
Il virus HIV può colpire molte cellule del sistema immunitario, ma ne predilige una in particolare: alcuni globuli bianchi (i linfociti), che aiutano ad orientare e potenziare le risposte immunitarie contro le infezioni. I bersagli di HIV sono i linfociti T CD4+ perché possiedono il recettore CD4, la “chiave” utilizzata dal virus per entrare in queste cellule del sangue e dei tessuti.
Una volta penetrato nei linfociti CD4+, il virus compromette la loro funzione e ne provoca la progressiva eliminazione: le difese immunitarie diventano di conseguenza sempre più deboli ed inefficaci.
Quando le cellule CD4+ del sangue scendono sotto il limite di 200/mm3, le persone possono diventare molto vulnerabili a molteplici infezioni in diversi apparati (tratto gastroenterico, polmoni, cervello, ecc.), così come possono manifestare un debilitante dimagramento, disturbi neurologici oppure tumori (ad es. linfomi, sarcoma di Kaposi).
È così che l’infezione da HIV progredisce nella Sindrome da Immuno- Deficienza Acquisita (AIDS).
Il virus viene il più delle volte trasmesso durante un rapporto sessuale non protetto (cioè senza profilattico) da una persona già contagiata ad un’altra. Questa è la via di diffusione del virus più abituale e frequente: 5 persone su 6 nel mondo occidentale contraggono l’infezione in questo modo.
Il virus può attraversare i tessuti che rivestono la vagina, il pene, il retto. La probabilità di passaggio del virus aumenta quando i tessuti non sono integri: per esempio per piccoli traumi durante l’atto sessuale o per la presenza di patologie che provocano infiammazioni, ulcere o altre lesioni genitali. Da qui l’importanza delle “protezioni” (sono disponibili profilattici di diverso tipo per entrambi i partner).
È sorprendente l’ingegnosità utilizzata dall’HIV per farsi letteralmente trasportare dai tessuti periferici verso le sedi più ricche di linfociti CD4+, come i linfonodi, attraverso le cellule dendritiche o i macrofagi.
All’inizio dell’epidemia il sangue ha veicolato il virus ed ha contagiato persone sottoposte a trasfusione di sangue o emoderivati fino alla metà degli anni ‘80. Lo screening dei donatori ha quasi totalmente eliminato questo problema. A tutt’oggi il sangue rimane la via di trasmissione per i tossicodipendenti che si scambiano la siringa per iniettarsi droghe.
In ospedale, il rischio per i pazienti, i medici e gli infermieri (a contatto con campioni infetti) è oggi pressochè scomparso, perchè tutti gli operatori sanitari si comportano secondo le norme di sicurezza, evitando il contatto con qualsiasi materiale biologico ed utilizzando strumenti monouso e sterili.
Quasi tutti i bambini colpiti dall’HIV hanno contratto l’infezione dalla madre, sia durante la gravidanza (soprattutto al momento del parto!) sia con l’allattamento. L’esposizione al sangue materno è particolarmente importante durante il passaggio
nel canale vaginale. Per questo motivo, oltre alla profilassi con farmaci antiretrovirali durante la gravidanza, è stato adottato il parto cesareo ovunque sia possibile, riducendo sensibilmente il rischio di infezione per il neonato.
L’HIV, una volta penetrato nell’organismo, si moltiplica rapidamente: ogni giorno possono essere prodotti miliardi di nuove particelle virali. Inoltre, in ogni individuo si possono sviluppare numerose varianti del virus che sfuggono al controllo da parte del sistema immunitario (anticorpi, linfociti T).
Dopo un certo periodo di apparente “silenzio”, variabile da alcuni mesi a qualche anno, l’infezione da HIV inizia a compromettere lo stato di salute.
Insorgono e si ripetono facilmente infezioni respiratorie e possono comparire micosi sulla cute o sulle mucose. Il sistema immunitario viene continuamente sollecitato e comincia a non essere più in grado di rispondere con efficacia.
L’individuo colpito avverte i primi sintomi causati dall’infezione latente: s’ingrossano i linfonodi, c’è febbricola continua accompagnata da sudorazione profusa e dimagrimento.
Successivamente le infezioni colpiscono diversi organi, diventano sempre più gravi e persistenti (in particolare, diarrea) e si può manifestare una tubercolosi.
Altri microrganismi, già presenti nell’ospite e normalmente innocui, “approfittano” dello stato di immunodeficienza per svilupparsi ed invadere vari distretti corporei, soprattutto a livello gastrointestinale, polmonare e cerebrale e dare origine a gravi infezioni disseminate e recidivanti.
Per anni abbiamo ipotizzato che ogni gene (DNA/RNA) avesse un suo inizio, un suo scopo e una sua fine: indicare alla cellula come costruire una proteina. Così pensavamo che il patrimonio genetico dell’HIV funzionasse più o meno nello stesso modo, dopo essersi inserito nel nucleo della cellula ospite.
Invece abbiamo scoperto che ogni piccola porzione di gene virale può codificare per diverse proteine: e questo è ancora comprensibile. Ma strabiliante è stata la scoperta che l’HIV può mutare rapidamente, leggere il proprio codice genetico spostandone la sequenza, come se creasse nuove parole, diventando irriconoscibile agli anticorpi ed alle cellule deputate alle difese antivirali; eludendo così l’efficacia delle difese immunitarie e le cure farmacologiche.
L’HIV ha inoltre una notevole capacità di adattarsi a condizioni sfavorevoli alla sua sopravvivenza (esempio: presenza di farmaci antivirali) sviluppando resistenza nei confronti degli antiretrovirali impiegati.
Oggi sono fortunatamente disponibili strategie terapeutiche, appositamente
sviluppate per contrastare con efficacia anche la capacità di cambiamento continuo del virus che si traduce in mutazioni genetiche che conferiscono resistenza alla terapia antiretrovirale.
A partire dalla seconda metà degli anni ‘90, si è osservato un netto calo dei casi di AIDS, grazie all’introduzione di trattamenti antiretrovirali combinati, oggi chiamati terapie antiretrovirali ad elevata attività (Highly Active Antiretroviral Therapy o HAART).
La HAART ha modificato la storia della malattia da HIV ma anche la genesi della malattia stessa.
Cambiamenti in positivo
• Regressione dei sintomi e della malattia AIDS
• Notevole riduzione delle percentuali di progressione dell’infezione (tempo tra il contagio e l’esordio dell’AIDS)
• Prolungamento significativo della sopravvivenza
• Minore numero di casi di AIDS conclamato e di decessi
• Migliore qualità della vita, nella maggior parte dei pazientiseguiti
• Diminuzione di casi tra tossicodipendenti; scomparsa deicasi da trasfusione, ecc.
• Riduzione delle percentuali di trasmissione da madre a figlioquindi diminuzione di AIDS pediatrico
• Riduzione della contagiosità delle persone trattate
Cambiamenti in negativo
• Riduzione della percezione del rischio in ampie fasce di popolazione
• Aumento continuo del serbatoio di infezione
• Maggiore numero di nuovi casi in aree provinciali rispetto ai grandi centri urbani
• Scarsa propensione a sottoporsi al test e diagnosi tardiva di infezione
• Aumento dell’età di infezione/diagnosi (dopo i 40 anni)
• Aumento dell’infezione nella popolazione femminile
• Aumento dei casi in persone provenienti da aree a più elevata pandemia
Dopo una fase di stabilizzazione l’incidenza di nuove infezioni è diminuita solo lievemente tra il 2012 ed il 2016, certamente al di sotto di quanto ci si poteva aspettare in base alla marcata riduzione del rischio di trasmissione da parte dei sieropositivi con viremia negativizzata dall’HAART.
In questi anni, oltre all’indubbio miglioramento della prognosi ed all’ondata di ottimismo e fiducia che ne è derivata va aggiunta la disponibilità di trattamenti più semplici. È attualmente possibile diminuire il numero di compresse da assumere ogni giorno: da più di dieci ad una soltanto. Al tempo stesso, questi trattamenti
sono più efficaci e meglio tollerati.
Paradossalmente, però, questi progressi hanno condotto ad un’ingiustificata sottovalutazione del pericolo di contagio.
Un esempio paradigmatico che fa riflettere: solo in Lombardia si riscontrano oltre 1.000 nuove infezioni all’anno e 26.000 persone sieropositive, con un terzo di persone sieropositive che non sa di esserlo (decine di migliaia di persone non si ritengono a rischio e vivono senza essere a conoscenza dell’infezione che minaccia
la loro salute).
A Milano ci sono annualmente più di 400 casi di nuova infezione.
Nell’ultimo anno le nuove diagnosi sono aumentate del 20% e, nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni, i nuovi contagi sono aumentati del 40%.
Un consistente numero di ultraquarantenni continua a praticare attività sessuali ad alto rischio (chiede prestazioni senza protezione, ha frequenti rapporti occasionali con persone diverse, ecc.); e nonostante conosca tutto ciò che si deve sapere sulla prevenzione dell’AIDS, continua a ritenersi immune dal rischio di venire contagiato dall’HIV e non usa il profilattico.
È utile ricordare che le donne, esposte a rapporti ricettivi, hanno un rischio di contrarre l’infezione aumentato del 40% rispetto al partner in caso di rapporti peno-vaginali e ben più elevato in caso di rapporti anali.
Il primo interrogativo a cui ciascuno dovrebbe dare una risposta riguarda il proprio “stato sierologico”.
Il test di screening è alla portata di tutti, per sapere subito e con sufficiente affidabilità se è avvenuto o no il contagio da parte dell’HIV.
• Recentemente è stato messo a punto un test ematico rapido da pungi-dito: affidabilissimo in termini di specificità e sensibilità, questo metodo di facile esecuzione a casa attualmente si fa preferire in quanto fornisce una risposta pressochè immediata sulla presenza o meno di anticorpi aventi HIV (2′-3′). Il test può dare due risposte: se è negativo esclude l’avvenuto contatto con l’HIV; mentre la positività esprime la presenza di anticorpi specifici anti-HIV che vengono prodotti dopo l’esposizione al virus. Come tutti i test di screening, anche in questo caso, per quanto altamente indicativo, il test non dà una risposta definitiva circa l’avvenuto contagio. Un esito positivo deve essere confermato dall’esame standard su sangue.
• Un altro test rapido su saliva consente di fornire ai pazienti una risposta entro pochi minuti. È importante, a tale proposito, dare un chiarimento: la saliva non è in grado di trasmettere il virus in quanto contiene solo anticorpi specifici rivelabili con il test. Per questo motivo, il bacio (anche profondo) è considerato un comportamento privo di rischio. Attualmente il test salivare è utilizzato nei paesi industrializzati solo nel contesto di campagne di prevenzione.
• Test ematico tradizionale. Basta un semplice prelievo di sangue per verificare la presenza di anticorpi specifici, grazie ad una particolare tecnica disponibile in tutti i laboratori di analisi. Il test di regola è gratuito e riservato, anche se, in molti laboratori e centri di screening il test viene eseguito a fronte del pagamento del ticket e/o esibizione della tessera sanitaria. Gli stranieri senza permesso di soggiorno godono dello stesso diritto dei cittadini italiani.
Chi dovrebbe farlo?
Tutte le persone sessualmente attive dovrebbero eseguire il test, è fortemente raccomandato quando si inizia un rapporto stabile e prima della gravidanza e, in ogni caso, se si pensa di aver avuto rapporti sessuali a rischio non protetti.
Qual è il momento più opportuno?
Ci si può sottoporre al test in qualsiasi momento. Bisogna tuttavia ricordare che gli anticorpi anti-HIV compaiono in genere dopo 1-2 mesi dal contagio, ma talora anche tre mesi dopo. Tale intervallo corrisponde al cosiddetto “periodo finestra”, compreso per l’appunto tra il momento del contatto con il virus e la siero-conversione. Per questo motivo, in caso di pregressi comportamenti a rischio è bene effettuare il test al terzo e dopo il sesto mese dall’ultimo rischio di contagio.
Come viene garantita la privacy?
Il test è effettuato solo con il consenso della persona. Il risultato del test è riservato e viene comunicato e consegnato alla sola persona che lo ha effettuato. Attraverso il counselling il medico spiegherà il significato del risultato del test.
Quali sono i vantaggi?
La conoscenza precoce dell’eventuale sieropositività deve essere la premessa di una cura altrettanto tempestiva, che consente di evitare la progressione dell’infezione da HIV verso una grave malattia (AIDS), con un radicale miglioramento della qualità e dell’aspettativa di vita futura.
Cosa significa scoprire di essere sieropositivi?
Posto, come già affermato, che l’infezione da HIV/AIDS oggi si può curare, la condizione di sieropositività implica l’avvio di un percorso caratterizzato da una diagnosi approfondita dello stadio dell’infezione, da una costante sorveglianza ed osservanza delle cure che si dovessero rendere necessarie. Purtroppo la sieropositività è ancora, talvolta, causa di discriminazione e motivo di pregiudizio ed emarginazione, dovuti alla paura del contagio, anche se l’unica modalità di trasmissione dell’HIV è attraverso il sangue infetto, i rapporti sessuali o la trasmissione da madre a figlio.
Soltanto una corretta informazione e la presa di coscienza di quanto sopraesposto possono aiutare a superare questi preconcetti tuttora radicati nella mentalità comune.
Se quello di sapere è un diritto innegabile di ciascuno, nel caso dell’AIDS si può affermare che verificare e chiedere di sapere è un dovere di tutti.
Sottoporsi al test significa non soltanto togliersi ogni dubbio ed evitare di mettere a repentaglio la propria salute e quella degli altri: si stima infatti che quasi un terzo dei sieropositivi complessivamente 130mila allo stato attuale in Italia non conoscono il loro stato sierologico (cioè ignorano di avere contratto l’infezione) e possono trasmettere il virus inconsapevolmente.
Fare il test è quindi un modo per acquisire consapevolezza ed interrompere il primo anello della catena degli eventi che portano alla trasmissione del virus, attraverso comportamenti idonei ad evitarla.
Uno dei fenomeni che continuano a destare preoccupazione, del resto, è rappresentato dalla significativa quota (in media circa la metà, ma il dato sale al 70% se si considerano solo gli eterosessuali) di persone che scoprono la propria sieropositività nel momento in cui si pone la diagnosi di AIDS, mentre questo avveniva soltanto in un caso su cinque nel 1996.
In mancanza di un vaccino che protegga dal contagio, la prevenzione della trasmissione rimane l’unica strada attualmente percorribile.
Il test è quindi complemento inscindibile dall’informazione, dalla coscienza individuale e dall’attenzione con cui si concretizza la responsabilità sociale di ogni individuo.
Qualunque esame induce una certa preoccupazione sul suo possibile esito. Facciamo un esempio: la misurazione della pressione, per quanto semplice e immediata, può essere falsata da uno stato d’ansia innescato a sua volta dalla paura del risultato.
Il test per l’HIV non subisce cambiamenti in base allo stato d’ansia, ma impone il superamento della comprensibile ritrosia che ciascuno potrebbe avere.
L’atteggiamento sbagliato, però, è quello di nascondersi o sfuggire alle proprie responsabilità individuali e sociali.
A ciò si aggiunge un’altra importante considerazione. Qualsiasi decisione in ambito clinico viene oggi presa sulla base di un criterio fondamentale: il rapporto costo/beneficio, dove per costo si intende l’impegno di risorse in senso lato. Pensiamo allora al test dell’HIV: pochi minuti del proprio tempo e uno sforzo per vincere la reticenza ed i propri timori valgono bene il vantaggio di essere informati per tempo di avere contratto un’infezione oggi curabile!
La prevenzione consiste in un insieme di misure da attuare il test non va considerato una misura preventiva ma è un indicatore di uno stato sierologico e non deve mai fare paura perché è, al contrario, la dimostrazione tangibile della volontà di tutelare con un semplice atto la propria salute e quella altrui.
Nella nostra società e, soprattutto, in quella futura, la prevenzione è e sarà una priorità per tutti. Prevenire significa conoscere, per poter prevedere, limitare e precorrere i possibili danni legati a un evento e trasmettere agli altri, attraverso il proprio comportamento, questo stesso valore. Certe forme di prevenzione so- no obbligatorie, come alcune vaccinazioni e l’uso delle cinture di sicurezza o del casco, altre sono lasciate alla buona volontà del singolo come il profilattico.
La ricerca ha fatto passi da gigante nella cura dell’AIDS e dell’infezione da HIV e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Per questo merita interesse: tutte le malattie, se fosse possibile scoprirle subito al loro esordio, potrebbero essere efficacemente combattute, con il minimo disagio e la minima spesa per la comunità.
Non permettiamo che l’infezione da HIV e l’AIDS continui- no a diffondersi soltanto per paura, pigrizia, indifferenza ed incoscienza! La prevenzione non può prescindere dal supporto dell’informazione e della conoscenza.
È bene che ogni cittadino sappia cosa implica contrarre e tra- smettere l’infezione da HIV, come avviene il contagio e perché non si debba mai abbassare la guardia su questa infezione, anche se oggi se ne parla molto meno di un tempo.


Nella sfera sessuale adotta comportamenti sicuri, mirati alla salvaguardia della tua salute e di quella altrui (ricorda l’uso del profilattico).

Esegui periodicamente il test, specialmente quando hai avuto comportamenti a rischio.

Informa i tuoi partner e conviventi potenzialmente esposti al rischio di contagio e raccomanda loro il test.

Non perdere tempo, in caso di avvenuto contagio: precocità di diagnosi e cura consentono un notevole miglioramento della prognosi ed evitano la trasmissione del virus.

Ricorda che la paura, la vergogna e l’ipocrisia sono i peggiori nemici della consapevolezza e del senso di responsabilità, qualunque sia la condizione che viviamo.
…e non dimenticare che HIV …si può accompagnare ad altre malattie sessualmente trasmesse come l’HCV.

Il termine epatite significa alla lettera “condizione infiammatoria del fegato”, che nella maggior parte dei casi è riconducibile ad un agente infettivo virale. La lettera “C” indica invece il tipo di virus responsabile, la cui sigla completa è HCV (“Hepatitis C Virus”: virus dell’epatite C).
L’HCV appartiene alla famiglia dei Flaviviridae ed è costituito da un involucro sferico il cui diametro è pari a 50-60 nanometri (1 nanometro o 1 milionesimo di millimetro) e al cui interno è contenuto il materiale genetico necessario a costruire i componenti della particella virale e a consentirne la maturazione e replicazione.
L’HCV è in grado di sopravvivere nell’ambiente anche per diverse ore e purtroppo è in grado di sfuggire alle difese dell’organismo grazie alla capacità di modificare rapidamente i propri componenti, ossia le proteine dell’involucro. Sono noti almeno sei sottotipi del virus dell’epatite C, ciascuno dei quali risponde in maniera diversa alle terapie antivirali.
Il virus colpisce circa il 3% della popolazione del pianeta e si stima che ogni anno si aggiungono 3-4 milioni di nuovi casi ai 170 milioni di individui già infetti. Particolarmente elevata è la presenza dell’HCV in Egitto e Camerun. In Italia gli ammalati di epatiteC sono circa un milione.
L’HCV, da solo o in combinazione con altri fattori quali alcol o virus dell’epatite B, è il maggior responsabile di cirrosi e di tumore del fegato e causa migliaia di decessi ogni anno. In alcuni e ristretti gruppi di popolazione ad alto rischio è possibile riscontrare una percentuale elevata di co-infezione HIV/HCV.
In passato le principali fonti di infezione erano le trasfusioni di
sangue e l’impiego di strumenti non correttamente sterilizzati,
quali per esempio le siringhe di vetro senza aghi a perdere. Attualmente
i controlli su donazioni di sangue ed emoderivati nonché
l’impiego di materiale monouso hanno pressoché azzerato
queste modalità di contagio.
L’ attenzione, ora, si è spostata su altri fattori o procedure che possono provocare il contagio, tra cui: piercing e tatuaggi eseguiti in luoghi non idonei, trattamenti estetici eseguiti con materiali non monouso e non sterilizzati, cure odontoiatriche eseguite in ambiti non idonei, interventi ambulatoriali di piccola chirurgia, esami endoscopici eseguiti con materiale non sterilizzato adeguatamente, e lo scambio di siringhe tra i tossicodipendenti. Il pericolo di contagio sussiste anche in presenza di attività sessuali con partner multipli e concomitante assenza di precauzioni.
In gravidanza le possibilità di trasmettere l’infezione al nascituro sono rare (inferiori al 5%). In coppie stabili e monogame il contagio è virtualmente assente. Tuttavia è buona prassi rivolgersi al proprio medico di fiducia per ricevere un corretto counselling. L’HCV non si trasmette attraverso baci, carezze, per via aerea (tosse), condividendo gli stessi spazi o usando le stesse stoviglie.
Il periodo di incubazione oscilla da 2 settimane a 6 mesi, ma per lo più è di 6-9 settimane. In oltre i due terzi dei casi l’epatite C decorre in modo asintomatico. Quando presenti, i sintomi sono per lo più rappresentati da nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. Soltanto nello 0,1% dei casi l’HCV dà luogo a una forma fulminante fatale, mentre l’85% degli individui infettati sviluppa un’epatite cronica C, che nel 20-30% di essi si evolverà nell’arco di 10-20 anni in cirrosi. Quest’ultima è una condizione di rischio per la comparsa di tumore maligno del fegato (epatocarcinoma).
La coesistenza dei virus HIV e HCV accelera la progressione della malattia ed in gravidanza aumenta di 4-5 volte il rischio di infezione al nascituro.
Attualmente diagnosticare in fase precoce l’infezione da epatite C consente di guadagnare tempo prezioso e adottare con la massima tempestività le cure necessarie, ottimizzandone l’efficacia.
Un percorso diagnostico standardizzato conduce alla diagnosi di epatite cronica da HCV:
• Scoperta degli anticorpi. Esame anti-HCV (individuazione degli anticorpi al virus HCV). Recentemente si è reso disponibile un dispositivo molto comodo da usare, un test effettuato sulla saliva che in pochi minuti offre una risposta rapida ed affidabile per stabilire la presenza di anticorpi anti-HCV (il contagio non si trasmette con gli anticorpi).
• Scoperta del virus. Esame HCV RNA, qualitativo e quantitativo che rispettivamente indicano la presenza del virus e il suo livello nel sangue.
• Genotipizzazione. La classificazione del virus all’interno delle tipologie note (1-6).
• Funzionalità del fegato. Transaminasi, γGT, bilirubinemia, fosfatasi alcalina LDH.
• Stadiazione della malattia. Ecografia del fegato o fibroscan (strumento che indica l’ispessimento del fegato). In alcuni casi biopsia epatica.
L’approccio terapeutico per curare l’epatite C prevede la somministrazione di specifici farmaci antivirali che sono prescritti da uno specialista in malattie infettive, in epatologia e/o in gastroenterologia. Durante il trattamento, che può variare dalle 8 alle 48 settimane, il paziente deve essere costantemente monitorato per verificare l’efficacia della terapia e l’eventuale comparsa di effetti collaterali.
L’impegno dei nuovi farmaci ad attività antivirale diretta consente di eradicare l’HCV nella quasi totalità dei pazienti trattati.

La prevenzione della trasmissione dell’infezione si basa sui seguenti presupposti:

Ambito familiare. Evitare l’uso condiviso di oggetti personali appuntiti e/o taglienti, es. forbici, rasoi, tagliaunghie, spazzolini da denti.

Ambito sanitario. La sterilizzazione adeguata degli strumenti chirurgici riutilizzati e l’applicazione delle più comuni norme di igiene e sicurezza (lavaggio delle mani, corretta manipolazione e smaltimento dei materiali potenzialmente infetti, disinfezione ambientale).

Ambito sociale. Usare adeguate misure di prevenzione
(condom o altro) nei rapporti sessuali a rischio.
Impiegare materiali monouso per i trattamenti estetici (tatuaggi, piercing, manicure, pedicure, ecc.).
In alternativa usare oggetti personali. Gli oggetti non monouso vanno sempre sterilizzati adeguatamente.

I.R.C.C.S.
Ospedale San Raffaele
Clinica di Malattie Infettive.
Centro San Luigi
San Raffaele Turro.
Palazzina B,
Via Stamira D’Ancona, 20
20127 Milano
Prenotazione visite ambulatoriali
Tel. 02 26437961
malattie.infettive@hsr.it
CDI
Centro Diagnostico
Italiano SpA
Via Saint Bon, 20
20147 Milano
Tel. 02 48317.1
www.cdi.it
Associazione Nazionale
per la Lotta
contro l’AIDS
Via Monviso, 28 – 20154 Milano
Tel. 02 33608680
www.anlaids.org
info@anlaidslombardia.it

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(Centro di Riferimento HIV
e Malattie Sessualmente
Trasmesse)
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